AGGRESSIVITA’ E RESISTENZA AD ALCUNI PARASSITI
Il sogno di tutti gli apicoltori sarebbe quello di poter utilizzare api docili a tal punto da permettere di lavorare senza protezioni.
Bisogna dire che vari allevatori di regine sono riusciti ad arrivare a selezionare api di tale natura e per 2 anni ci riuscii anch’io.
Il sogno di tutti gli apicoltori sarebbe quello di poter utilizzare api docili a tal punto da permettere di lavorare senza protezioni.
Bisogna dire che vari allevatori di regine sono riusciti ad arrivare a selezionare api di tale natura e per 2 anni ci riuscii anch’io.
Isolai un ceppo di api che mi permettevano di lavorare in pantaloncini corti, a torso nudo, senza usare il fumo; poi ci fu un ripensamento, e nel ricercare come caratteristiche principali la resistenza a patologie e parassiti, non considerai più il contenimento dell’aggressività fra i caratteri principali da selezionare, semplicemente prendevo quel che veniva purché avesse le caratteristiche di resistenza alla varroa ed alle principali patologie.
Il risultato ottenuto è che ora posso dire di avere un tipo di api mediamente aggressive che visito ben coperto, perché calmo soltanto con l’acqua senza usare il fumo.
Non mi pento di essere arrivato a questo risultato perché il quadro delle possibili infestazioni può cambiare comunque da un momento all’altro.
Attualmente nel mondo girano come mina vagante 4 parassiti ben più grandi, come dimensione, della famosa varroa. Questi parassiti sono l’Aethina tumida Murray, o piccolo coleottero degli alveari, il calabrone cinese, capace di formare famiglie da 15000 individui in grado di svuotare una famiglia in 2 ore, ed una mosca, Apocephalus borealis Brues, individuata negli USA, che depone le sue uova sulle api uccidendo le colonie. A questi 3 parassiti dobbiamo aggiungere la mosca Senotainia tricuspis Meigen, già presente nel territorio italiano, che depone anch’essa le sue uova sulle api.
Essendo questi parassiti introdotti negli alveari dalle loro stesse ali, devono essere contrastati da strategie di attacco molto diverse da quelle che alcuni ceppi di api resistenti alla varroa adottano per “spidocchiarsi”.
In sintesi, quello di cui le api hanno bisogno per contrastare efficacemente tali parassiti, è la capacità di reagire velocemente a stimoli creati da movimenti, odori, colori e vibrazioni non corrispondenti a quelli tipici degli individui della propria famiglia, capacità che si traduce in una maggiore aggressività generale delle colonie, alla quale va addizionato uno specifico carattere igienico, che deve manifestarsi nei confronti delle covate di aethina e delle mosche appena citate.
Per quanto riguarda il piccolo coleottero, sembra che in Europa non si sia ancora diffuso, ma potrebbe arrivare da un momento all’altro e diffondersi in poco tempo grazie ai commerci internazionali di api regine; il calabrone cinese si è già diffuso in Francia, Spagna e sembra che potrebbe arrivare da un momento all’altro in Inghilterra; personalmente credo che potrebbe giungere a breve scadenza anche in Italia, perché sul confine italo francese prossimo al mare, non vi sono particolari ostacoli fisici che ne impedirebbero la diffusione dalla Francia all’Italia.
Parassiti di tale natura che dovessero arrivare improvvisamente in un territorio ricco di alveari pieni di api docili, potrebbero creare un’ecatombe di api e la conseguente rapida diffusione degli stessi parassiti, che non avrebbero difficoltà ad alimentarsi di api e prodotti degli alveari indifesi.
Nuovamente le api, l’apicoltura e l’ambiente sarebbero colpiti in un modo molto pesante da tali sgraditi visitatori, come se la varroa non fosse già abbastanza.
Ma allora cosa possiamo fare per prevenire il problema?
Innanzitutto pensiamo che dal momento che si dovesse presentare un nuovo parassita, sarebbero necessari almeno 2-3 anni di selezione dura per ottenere api adattate a contrastarlo, ciò vuol dire che oltre alle spese causate dalle nuove infestazioni, dovrebbero essere sommati anche i mancati guadagni dovuti al tempo necessario a ripristinare gli apiari distrutti; pertanto dobbiamo semplicemente essere elastici e lungimiranti, accettando il fatto che nel corso del tempo i metodi di allevamento possono e devono cambiare, così come sono costrette a cambiare le api.
Purtroppo la malsana mentalità che dice che ogni parassita deve essere trattato con un prodotto specifico inventato dall’uomo è dura a morire; per un motivo misterioso molti esseri umani sono portati a pensare che le uniche cure possibili sono quelle create in modo artificioso; molti non si rendono conto di quanto il loro pensiero sia stato condizionato da altri esseri umani astuti ed interessati a vendere i loro prodotti, così non vedono che da tempo immemorabile la selezione naturale ha agito in modo eccellente e definitivo contro innumerevoli avversità, permettendo la sopravvivenza delle api per milioni di anni.
La gestione, in ogni fase dell’allevamento di api più aggressive, potrebbe diventare una necessità indispensabile alla sopravvivenza della specie e così dobbiamo rivedere il modo di collocare gli alveari in prossimità di abitazioni ed allevamenti.
Dobbiamo imparare nuovamente a vestirci, magari usando 2 strati di vestiti anziché 1 come facevamo in passato.
E con il caldo ed il sudore come la mettiamo?
Beh, dobbiamo comunque mettere in conto ed accettare questa maggiore difficoltà e fatica, e considerare che ci sono dei metodi che permettono di contenere il calore estivo anche se si è vestiti molto bene.
I Tuareg adottano tali metodi da generazioni, ed io posso indicarvene uno affine a quello usato da quel popolo del deserto; è il metodo che uso da diversi anni e che mi permette di lavorare senza riempirmi i polmoni di catrame visto che opero senza l’uso del fumo.
Quando fa veramente caldo, se volete rinfrescare una bottiglia d’acqua e non avete il frigorifero, avvolgetela in uno spesso panno bagnato e lasciatela alla luce del sole; l’acqua presente nello straccio per evaporare sottrarrà energia termica alla bottiglia e questa si rinfrescherà. E’ una semplice realtà fisica applicabile anche al nostro corpo, certamente non dovete aspettarvi temperature da frigo, ma questa pratica crea un certo abbassamento della temperatura creando un microclima.
Per applicare lo stesso principio al nostro corpo vestitevi con 2 paia di pantaloni, una felpa bagnata dal collo fino almeno a metà torace, 2 manicotti bagnati che copriranno i polsi ed il dorso delle mani dalle punture che riusciranno a perforare i guanti di pelle, 1 berretto da pescatore bagnato sulla testa (bagnate anche i capelli se avete la fortuna di averli). Sulla felpa bagnata indossate una maschera a camicia e rimboccate felpa e parte inferiore della maschera dentro ai pantaloni; rifinite la vestizione con 1 paio di guanti da apicoltore, ed un paio di stivali.
Vestiti così potrete lavorare per ore sotto al sole potente dell’estate senza eccessivi problemi causati dal caldo, e senza problemi per le punture, dovrete soltanto ricordarvi di bere spesso per evitare, abbassamenti di pressione arteriosa e sovraccarico di lavoro al cuore e reni causato dalla sudorazione.
Il risultato ottenuto è che ora posso dire di avere un tipo di api mediamente aggressive che visito ben coperto, perché calmo soltanto con l’acqua senza usare il fumo.
Non mi pento di essere arrivato a questo risultato perché il quadro delle possibili infestazioni può cambiare comunque da un momento all’altro.
Attualmente nel mondo girano come mina vagante 4 parassiti ben più grandi, come dimensione, della famosa varroa. Questi parassiti sono l’Aethina tumida Murray, o piccolo coleottero degli alveari, il calabrone cinese, capace di formare famiglie da 15000 individui in grado di svuotare una famiglia in 2 ore, ed una mosca, Apocephalus borealis Brues, individuata negli USA, che depone le sue uova sulle api uccidendo le colonie. A questi 3 parassiti dobbiamo aggiungere la mosca Senotainia tricuspis Meigen, già presente nel territorio italiano, che depone anch’essa le sue uova sulle api.
Essendo questi parassiti introdotti negli alveari dalle loro stesse ali, devono essere contrastati da strategie di attacco molto diverse da quelle che alcuni ceppi di api resistenti alla varroa adottano per “spidocchiarsi”.
In sintesi, quello di cui le api hanno bisogno per contrastare efficacemente tali parassiti, è la capacità di reagire velocemente a stimoli creati da movimenti, odori, colori e vibrazioni non corrispondenti a quelli tipici degli individui della propria famiglia, capacità che si traduce in una maggiore aggressività generale delle colonie, alla quale va addizionato uno specifico carattere igienico, che deve manifestarsi nei confronti delle covate di aethina e delle mosche appena citate.
Per quanto riguarda il piccolo coleottero, sembra che in Europa non si sia ancora diffuso, ma potrebbe arrivare da un momento all’altro e diffondersi in poco tempo grazie ai commerci internazionali di api regine; il calabrone cinese si è già diffuso in Francia, Spagna e sembra che potrebbe arrivare da un momento all’altro in Inghilterra; personalmente credo che potrebbe giungere a breve scadenza anche in Italia, perché sul confine italo francese prossimo al mare, non vi sono particolari ostacoli fisici che ne impedirebbero la diffusione dalla Francia all’Italia.
Parassiti di tale natura che dovessero arrivare improvvisamente in un territorio ricco di alveari pieni di api docili, potrebbero creare un’ecatombe di api e la conseguente rapida diffusione degli stessi parassiti, che non avrebbero difficoltà ad alimentarsi di api e prodotti degli alveari indifesi.
Nuovamente le api, l’apicoltura e l’ambiente sarebbero colpiti in un modo molto pesante da tali sgraditi visitatori, come se la varroa non fosse già abbastanza.
Ma allora cosa possiamo fare per prevenire il problema?
Innanzitutto pensiamo che dal momento che si dovesse presentare un nuovo parassita, sarebbero necessari almeno 2-3 anni di selezione dura per ottenere api adattate a contrastarlo, ciò vuol dire che oltre alle spese causate dalle nuove infestazioni, dovrebbero essere sommati anche i mancati guadagni dovuti al tempo necessario a ripristinare gli apiari distrutti; pertanto dobbiamo semplicemente essere elastici e lungimiranti, accettando il fatto che nel corso del tempo i metodi di allevamento possono e devono cambiare, così come sono costrette a cambiare le api.
Purtroppo la malsana mentalità che dice che ogni parassita deve essere trattato con un prodotto specifico inventato dall’uomo è dura a morire; per un motivo misterioso molti esseri umani sono portati a pensare che le uniche cure possibili sono quelle create in modo artificioso; molti non si rendono conto di quanto il loro pensiero sia stato condizionato da altri esseri umani astuti ed interessati a vendere i loro prodotti, così non vedono che da tempo immemorabile la selezione naturale ha agito in modo eccellente e definitivo contro innumerevoli avversità, permettendo la sopravvivenza delle api per milioni di anni.
La gestione, in ogni fase dell’allevamento di api più aggressive, potrebbe diventare una necessità indispensabile alla sopravvivenza della specie e così dobbiamo rivedere il modo di collocare gli alveari in prossimità di abitazioni ed allevamenti.
Dobbiamo imparare nuovamente a vestirci, magari usando 2 strati di vestiti anziché 1 come facevamo in passato.
E con il caldo ed il sudore come la mettiamo?
Beh, dobbiamo comunque mettere in conto ed accettare questa maggiore difficoltà e fatica, e considerare che ci sono dei metodi che permettono di contenere il calore estivo anche se si è vestiti molto bene.
I Tuareg adottano tali metodi da generazioni, ed io posso indicarvene uno affine a quello usato da quel popolo del deserto; è il metodo che uso da diversi anni e che mi permette di lavorare senza riempirmi i polmoni di catrame visto che opero senza l’uso del fumo.
Quando fa veramente caldo, se volete rinfrescare una bottiglia d’acqua e non avete il frigorifero, avvolgetela in uno spesso panno bagnato e lasciatela alla luce del sole; l’acqua presente nello straccio per evaporare sottrarrà energia termica alla bottiglia e questa si rinfrescherà. E’ una semplice realtà fisica applicabile anche al nostro corpo, certamente non dovete aspettarvi temperature da frigo, ma questa pratica crea un certo abbassamento della temperatura creando un microclima.
Per applicare lo stesso principio al nostro corpo vestitevi con 2 paia di pantaloni, una felpa bagnata dal collo fino almeno a metà torace, 2 manicotti bagnati che copriranno i polsi ed il dorso delle mani dalle punture che riusciranno a perforare i guanti di pelle, 1 berretto da pescatore bagnato sulla testa (bagnate anche i capelli se avete la fortuna di averli). Sulla felpa bagnata indossate una maschera a camicia e rimboccate felpa e parte inferiore della maschera dentro ai pantaloni; rifinite la vestizione con 1 paio di guanti da apicoltore, ed un paio di stivali.
Vestiti così potrete lavorare per ore sotto al sole potente dell’estate senza eccessivi problemi causati dal caldo, e senza problemi per le punture, dovrete soltanto ricordarvi di bere spesso per evitare, abbassamenti di pressione arteriosa e sovraccarico di lavoro al cuore e reni causato dalla sudorazione.